Customer experience e user experience sono locuzioni talvolta usate in modo intercambiabile. Ma si tratta di un errore.
Entrambe le discipline utilizzano mappe dei touch point, studi osservazionali e metodi scientifici per identificare i pain point e le opportunità.
La customer experience, tuttavia, comprende l’intero customer journey. La user experience è una parte di quel percorso, quella dedicata alla progettazione di prodotti e siti web.
Customer experience vs user experience
La user experience si concentra sulle interazioni del singolo utente con i prodotti e i siti web. Gli UX designer hanno il compito di realizzare interfacce semplici da capire e facili da usare.
Come clienti, abbiamo tutti percepito la differenza quando un’azienda fa della user experience una priorità. Un sito di e-commerce con pulsanti di pagamento in grassetto e una semplice icona del carrello della spesa dimostra i fondamenti di un buon UX design .
Allo stesso modo, se il vostro tablet o smartphone si adatta all’ergonomia della vostra mano, senza dubbio è stato testato e ritestato nei laboratori UX.
Ovviamente, un prodotto eccellente, da solo, non è mai sufficiente per fidelizzare i clienti.
Diversamente, le aziende che puntano sulla customer experience, mirano alla soddisfazione del clienti in tutti i touchpoint (packaging, layout del negozio, servizio clienti, onboarding, riparazioni, fatturazione, restituzione dei prodotti e altro), non solo nei prodotti e nei siti web.
Tutto parte dal Design Thinking
Nel 1969, lo scienziato cognitivo e premio Nobel Herbert A. Simon ha esposto i principi di base del Design Thinking, un metodo per incorporare la prospettiva dell’utente nella progettazione dei prodotti.
In sostanza, il lavoro di Simon ha gettato le basi per le discipline CX e UX.
Prima di allora, i prodotti venivano progettati principalmente sulla base di ciò che il team di realizzazione del prodotto voleva costruire, non su ciò che il cliente voleva, aveva bisogno o era in grado di utilizzare dal punto di vista funzionale.
L’Hasso Plattner Institute of Design dell’Università di Stanford, nato nel 2004, ha suddiviso il Design Thinking in cinque fasi distinte:
1. Empatizzare
Capire il cliente. Mettetevi nei loro panni. Cosa vedono? Di cosa hanno bisogno? Dove sono i loro punti di attrito e gli ostacoli con i vostri prodotti e servizi?
2. Definire
Una volta adottata la prospettiva del cliente, quali sono i problemi principali che volete e potete risolvere? Quali sono i potenziali ostacoli? Qual è la sfida?
3. Ideare
Immergetevi in tutte le potenziali soluzioni. Talvolta chiamata brainstorming, questa fase creativa è un lavoro di squadra e mira a identificare alcune soluzioni forti al problema definito nella fase 2.
4. Prototipo
Costruire un modello imperfetto. Pensate a schizzi, non a fotografie. In questa fase, volete ancora che il vostro team possa esprimersi liberamente. Per farlo, i modelli devono essere a bassa fedeltà e incompleti.
Si tratta di soluzioni ipotetiche che potrebbero diventare realtà.
5. Test
Finite dove avete iniziato: con i consumatori. Ottenete un feedback sincero per capire se avete effettivamente risolto il problema del cliente.
Queste cinque fasi non si susseguono necessariamente in ordine, e i progettisti possono ripeterle finché il prodotto non è perfetto.
Ideo & Apple
Negli anni ’80, la celebre agenzia di design Ideo ha prodotto uno dei più famosi esempi di Design Thinking: il primo mouse per Apple.
Steve Jobs fu entusiasta del risultato e il rapporto tra Apple e Ideo divenne stabile.
Secondo il co-Chair di Ideo Tim Brown, “Il Design Thinking è un approccio all’innovazione incentrato sull’uomo, che attinge agli strumenti del designer per integrare le esigenze delle persone, le possibilità della tecnologia e i requisiti per il successo aziendale”.
Apple aveva stabilito il punto di riferimento. I clienti iniziarono ad aspettarsi interazioni intenzionali, pianificate e positive con la tecnologia. Il Design Thinking era diventato una pratica aziendale necessaria per tutte le aziende che volevano tenere il passo di Apple.
La nascita della user experience
Facciamo un altro viaggio indietro nel tempo, questa volta al 1981, quando lo scienziato cognitivo Donald Norman pubblicò il libro: La verità su Unix: L’interfaccia utente è orribile.
Un decennio più tardi, Norman si unì ad Apple come capo dello User Experience Architect, coniando il termine “user experience design”.
Norman ha detto a proposito della user experience: “Ho inventato questo termine perché pensavo che interfaccia umana e usabilità fossero troppo limitate. Volevo coprire tutti gli aspetti dell’esperienza della persona con il sistema, compresa la grafica del design industriale, l’interfaccia, l’interazione fisica e quella manuale.“
L’era della customer experience
La nascita del Net Promoter Score nel 2003 ha creato un sistema semplificato di “detrattori” e “promotori” di un brand che classificano un’azienda su una scala da 0 a 10.
Sebbene l’NPS rimanga controverso, ha indubbiamente avuto un impatto significativo sulla disciplina della customer experience.
Secondo Forrester Research, il 2010 ha segnato un punto di svolta nel mondo degli affari: la fine dell’età dell’informazione e l’inizio dell’età del cliente.
Con l’avvento degli smartphone e dei social media, la diffusione dei sistemi di valutazione e la crescita delle app, i clienti hanno acquisito sempre più potere e voce. Pertanto, nell’era del cliente, ogni interazione tra i clienti e l’azienda è fondamentale.
Dove si colloca quindi la distinzione tra customer experience e user experience?
Fondamentalmente, la UX è un aspetto della CX. Entrambe le discipline osservano e migliorano le esperienze. Mentre la UX progetta le interazioni dei clienti con i prodotti, la CX regola le loro interazioni con l’intera azienda. In quest’ottica, il team UX riferisce alla CX.
Naturalmente, nel mondo reale dei silos aziendali, non funziona sempre così.
Customer experience in crisi?
Purtroppo, oggi la customer experience è spesso gestita male o sottistimata.
Per molte aziende, la CX si riduce a qualche sondaggio, spesso copiato da qualche altra parte.
Se affrontata in questo modo, la CX è più un ripensamento che una vera disciplina.
Soprattutto oggi, poiché la voce del cliente è amplificata attraverso i media digitali, le aziende non possono permettersi di adottare un approccio approssimativo all’esperienza del cliente.
Quando le aziende si preoccupano e investono seriamente nella customer experience, applicano gli stessi metodi utilizzati nella UX, tra cui interviste ai clienti e studi osservazionali.
E questi metodi sono rivolti non solo al sito web e ai prodotti dell’azienda, ma anche al servizio clienti, all’assistenza tecnica e ad altri reparti che interagiscono direttamente con i clienti.
Pertanto, la CX e la UX gestite in modo ottimale, sono entrambe saldamente ancorate ai principi del Design Thinking, in cui le aziende studiano da vicino i clienti e sviluppano iterativamente soluzioni ai problemi.